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In questa #culla ha dormito la piccola #Giulia, che oggi ha 4 anni, e ancor prima di lei ci ha dormito sua mamma, Mariagrazia, che di cognome fa Grande ed è la nipote di Antonio, Antonio Grande. Quella cesta a forma di culla l’ha fatta lui, a mano, qualche decina di anni fa. Aveva intrecciato vimini per tutta la vita, ma ha aspettato la sua nipotina per realizzare la sua cesta più grande. Del resto “Giargiantonj” era un macchiarolo che possedeva due grandi virtù: passione e pazienza. E questa è la sua storia.

Antonio Grande, classe 1921, a tutti noto come “Giargiantonj”. Ci teneva molto a quel soprannome, affibbiatogli – come spesso accade – un po’ per caso. Un giorno, a scuola, in assenza del maestro, un suo compagno prese il ruolo di capoclasse. Antonio era un tipetto birichino, il capoclasse cercò di tenerlo a bada, ma siccome non ci riuscì lo “denunciò” pubblicamente scrivendo il suo nome alla lavagna. Invece di scrivere “Grande Antonio” gli uscì un “Giargiantonj a fato ciaso”. Quando il maestro tornò punì anche il capoclasse per quegli errori, ma a quel punto il soprannome era cosa fatta.

Giargiantonj ha fatto la guerra in Russia, è stato un manovale, un muratore e ha lavorato anche all’estero, ma la cosa per cui è rimasto famoso erano le sue ceste. Aveva imparato ad intrecciare vimini da un vicino di casa, semplicemente osservandolo, ed era diventato bravo, parecchio bravo, al punto che anche la figlia del suo maestro ammise che lo aveva superato. Intrecciava ceste di ogni dimensione e, in occasione della prima Festa del Vino in paese, gli organizzatori gli chiesero di partecipare per metterle in vendita. Da allora ha venduto le sue ceste a tutte le feste del vino e in nessun altro appuntamento pubblico. Se la volevi dovevi andare a casa da lui. C’era chi acquistava set di ceste di diverse misure come corredi matrimoniali o chi le utilizzava per andare in campagna. Le sue creazioni erano anche usate dai bambini che durante la festa di San Nicola portavano in giro per le case i panini benedetti e oggi è suo il cestino per le offerte che si usa nella chiesa del paese.

Le ceste di Giargiantonj erano totalmente fatte a mano, perché lui sceglieva e puliva anche i rametti di vimine e di salice, rigorosamente in fase di “mancanza”. In 60 anni ne avrà create migliaia, mettendosi lì, con calma e pazienza e intrecciando, con cura e minuzia. È scomparso nel giorno della festa del vino nel 2012 e con lui è andata via anche questa straordinaria forma di arte. Oggi sopravvive nei racconti dei familiari, nelle ceste sparse un po’ ovunque e nella tenerezza di quella culla, dove hanno dormito Mariagrazia e la piccola Giulia, che non ha conosciuto il suo bisnonno Giargiantonj, ma che ne sentirà sicuramente parlare.

 

 



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