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VINCENZO ORSANO: IL “PENDOLARE” DALLA RUSSIA, TUTTO CASA E LAVORO

 

Ciabattino, soldato, artigiano, meccanico, elettricista, commerciante, manutentore. È difficile spiegare in sintesi  cosa sia stato Vincenzo Michele Antonio Orsano, nato a Macchia il 9 settembre 1916, da papà Pasquale e mamma Teresa. Di certo c’è che entra di diritto nella galleria dei macchiaroli storici, perché tutta la sua vita fu un esempio di sacrificio e dedizione.

 

Si abitua ben presto al lavoro, “V’cienz”, frequentando la bottega del papà, famoso ciabattino del paese. Conosce quella che sarà sua moglie, Carmela, a 19 anni, giusto in tempo prima di partire per la guerra. Diventerà una sorta di pendolare dal fronte, perché – lasciata la moglie incinta – dopo 16 mesi in battaglia ancora non ha conosciuto la sua piccola Lena. Ottiene però un permesso e torna a casa, il tempo utile per abbracciare la piccola e mettere in cantiere una seconda gravidanza. Riparte per la Russia, nasce Pasqualina, Vincenzo è lontano, ma il suo cuore è dalle sue donne. Torna a macchia per un secondo permesso, ma è irriconoscibile, ha addosso panni strappati, porta una borsa piena di pezze, la sua barba è lunghissima. Poco importa, la famiglia è unita e felice, ma non per molto. Si riparte di nuovo per il fronte e poi, purtroppo, si torna di nuovo, stavolta per un motivo tragico: la morte all’etèà di 3 mesi di una terza figlia, Antonietta. Si salva da un bombardamento che uccide tutto il suo reggimento, arriva un quarto figlio, maschio, Antonio, la guerra finisce e Vincenzo torna definitivamente a casa, dove lo aspettano tre figli, una moglie e una vita ricostruire.

 

Qualcosa accade: un aereo si schianta vicino al fiume Volturno. Vincenzo decide di recuperare tutto il metallo dei resti del velivolo e di portarli nella sua bottega. Dal materiale recuperato dalle ali nascono coltelli, cucchiai, pettini, passapomodori, grattugie, mestoli e tanti altri utensili. La necessità rende Vincenzo un apprezzato fabbro, conosciuto anche nei paesi limitrofi. Ma il lavoro non basta, bisogna inventarsi anche altro, così Vincenzo inizia a fare anche il muratore, viaggiando in bicicletta traa Vairano, Cassino e Terracina. Si specializza anche nel fare il meccanico, ripara i primi mezzi a motore, auto e camion e riesce ad acquistare la sua prima auto. Termina i lavori per la casa, estende la sua attività a quella di elettricista, prima per un mulino, poi per il Comune. Nella sua officina vende anche le bombole, a tutto il paese, ma il 15 ottobre del 1958 la vita lo mette davanti a una sfida enorme: si scatena un incendio nella sua officina, che sale fino all’ultimo piano di casa. Vincenzo, preso dalla preoccupazione e dal panico, si butta nelle fiamme per salvare moglie e figli, riesce a portare in salvo dalla casa che brucia anche un baule con i suoi risparmi, contratti di lavoro e documenti. La casa è appena stata finita, adesso deve riprendere da capo.

 

È in difficoltà economiche e decide di trasferirsi a Roma. Ci rimane per 20 anni, lavorando come manutentore in aziende, poi torna al paesello insieme al figlio Antonio, per creare un nuovo futuro.

Vincenzo muore il 25 marzo 2011, a 95 anni.

 

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Immergiamoci nella storia di Martino Provino Biase, il barbiere nato il 2 febbraio 1938, che ha segnato indelebilmente Macchia d'Isernia con la sua passione e creatività senza confini. Da umile barbiere nel cuore del paese, la sua abilità nel taglio capelli ha rapidamente conquistato non solo la comunità locale, ma anche i vicini paesi.

 

Ma Provino non si limitava a essere solo un barbiere eccezionale. La sua generosità e spirito imprenditoriale lo hanno portato ad offrire i suoi servizi anche all'ospedale di Isernia, dove non solo curava i capelli del personale medico, dei malati e dei loro familiari, ma forniva anche una vasta gamma di prodotti dalla sua magica "valigetta", pennarelli, giornali, quaderni, insomma tutto quello che gli veniva richiesto. Oltre ai tagli perfetti, Provino e sua moglie Anna gestivano un negozio a Macchia, un luogo magico che offriva tutto ciò di cui si poteva avere bisogno, dai giornali agli orologi, dalle scarpe alle bombole.

 

La sua attività, situata all'interno della sua accogliente abitazione, diventava un punto di ritrovo per la comunità. Quando le serrande erano abbassate, i ragazzi bussavano alla sua porta, specialmente durante il Natale, per acquistare miccette e altri "botti di Natale". Nonostante i suoi piccoli brontolii, Provino era sempre disponibile ad aprire e accogliere i giovani con il suo sorriso generoso e la sua gentilezza senza pari.

 

Il suo leggendario talento è stato tramandato di generazione in generazione, dando vita a una dinastia di parrucchieri. Sua figlia Lucia ha continuato con passione l'eredità di suo padre coinvolgendo anche la sua famiglia. Persino la nipote di Provino ha abbracciato la stessa vocazione, portando il suo savoir-faire come parrucchiera fino a Ginevra.

 

Così, la passione e la dedizione di Provino ha ispirato tutta la sua famiglia che continua ad onorare la sua eredità. 

 

 

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