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VITTORIO STASI, UN VULCANICO MACCHIAROLO AL SERVIZIO DI TUTTI

 

Vittorio Stasi nasce a Macchia d’Isernia il 12 agosto del 1926. Consegue il diploma da Geometra e intraprende la sua attività professionale: inizialmente come direttore di cantiere per il rimboschimento dell’attuale zona della Trinità e della collina di Santa Maria; poi si inserisce nell’Azienda Speciale “Alto Volturno”, e successivamente entra a far parte della comunità montana “Centro Pentria”, come tecnico. Qui rimane per l’intera carriera lavorativa, fino alla pensione, mostrando grande disponibilità a tutti coloro che avevano bisogno di lui.

Definito da molti “uomo vulcanico”, nel corso della sua vita, ha dimostrato sempre di essere una persona altruista, sorridente ed allegra. Nei momenti di difficoltà di amici e parenti, è sempre stato disponibile all’ascolto e al dialogo, pronto a dare una mano in caso di necessità e a risollevare gli animi con le sue battute ironiche e sarcastiche. Durante gli anni della gioventù, ha avuto grande interesse per il calcio, una passione che ha coltivato con dedizione, militando in alcune squadre locali e dedicandosi ai giovani e allo sport del paese. A quel tempo, i ragazzi non avevano grandi opportunità, così fece in modo di realizzare insieme ad altri un campo sportivo per offrire loro possibilità di divertirsi e partecipare, con la squadra creata, ai campionati molisani. Contribuì a formare una società sportiva che riscosse successo e gioia durante quegli anni, in cui bastavano un campo verde e un pallone per sentirsi vivi e felici.

Appassionato alla caccia e alla pesca, le ha praticate per anni con il suo gruppo di amici. Lo scopo principale era quello di consumare in compagnia ciò che avevano cacciato o pescato. Spesso, considerato il “capofeste”, intratteneva tutti con il suo fare scherzoso, e con la sua creatività, organizzava gare tra cacciatori, per mettere in mostra la sua modesta bravura e la sua ottima mira. 

Non si può raccontare la vita di Vittorio, la sua storia, senza legarla a quella tradizionale e culturale del paese in cui è vissuto. L’amore incondizionato per Macchia, il legame viscerale con le tradizioni popolari del paese, di cui andava enormemente fiero, l’hanno motivato ad occupare un posto in prima linea nei contesti amministrativi e religiosi del paese, tenendo ben presente alcuni principi e valori propri della sua etica: fare il meglio per Macchia, essere orgogliosi del proprio paese e rispettare e trasmettere le tradizioni.

Dunque, tra gli interessi, rientra sicuramente quello legato al mondo politico, e con grande entusiasmo e convinzione, è sempre stato attivo e attento agli scenari del panorama politico macchiarolo, dimostrando ai suoi concittadini, attraverso validi progetti, come quello che riguarda il restauro della chiesa di Santa Maria, ciò che più teneva a cuore: il bene del paese. Per anni ha ricoperto la carica di Giudice Conciliatore: il giudice popolare per eccellenza, la cui missione è quella di conciliare le parti in litigio.

In campo religioso, da fervente cattolico, si è dedicato alla parrocchia di Macchia e alla chiesa, come organizzatore di feste, patronali e non, preoccupandosi della gestione delle processioni, della realizzazione del presepe in chiesa, dei sepolcri e dell’allestimento degli altarini del Corpus Domini. 

Ha ricoperto la carica di presidente dell’Azione Cattolica di Macchia, ed insieme alla cara Erminia Fuscellaro, si è prodigato per il bene comune. Come ogni “macchiarolo autoctono”, era molto legato alla Madonna di Canneto (Santuario in provincia di Frosinone), e per questo, proponeva di organizzare, inizialmente a piedi, poi con il pullman, pellegrinaggi e gite, per onorare la Madonna e per creare occasioni di divertimento con la sua combriccola di amici.

Ricoprì la carica di direttore artistico durante le recite che si realizzavano in chiesa: quella di San Nicola e Santa Lucia le più celebri, i cui temi erano incentrati sulla vita dei santi. Uno dei suoi hobbies preferiti era la musica: si iscrisse ad un corso di pianoforte e tramandò la stessa passione ai nipoti. Amava suonare l’organetto nei momenti festivi e di svago, portando allegria e gioia ai presenti, così come in tutti gli eventi e le manifestazioni a cui partecipava, e che solitamente terminavano con un discorso da lui scritto in rima e teatralmente recitato. Custode delle tradizioni, era solito raccogliere libri sui dialetti locali, e ancora oggi, i familiari, conservano poesie dialettali relative alla mietitura, alla vendemmia e al carnevale.

Nel 1995, gli venne diagnosticata una terribile malattia. Inizia per lui un percorso di cure, affrontato con coraggio, forza e consapevolezza, dimostrando la sua fede nel dolore. 

Scompare il 15 marzo del 1998.

 

 

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